Ho avuto il piacere di intervistare per voi Marco Capolupo: come definirlo? Non è certo semplice e molti termini potrebbero essere riduttivi, altri eccessivi, altri ancora non corretti, presi singolarmente.

Se però uniamo vari aggettivi, in una complessità di termini che si fondono l’uno nell’altro, creando qualcosa che forse ancora non ha ancora un nome univoco, possiamo dire che Marco è: un falegnamedesignerpoetainventore, che ama il colore, ha studiato e continua a studiare ogni giorno e cosa più importante è rimasto un pò bambino nell’animo.

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1) come è nata la tua passione per la falegnameria

Dall’auto-costruzione di piccoli arredi durante gli anni da studente squattrinato. Poi la passione per il disegno tecnico.

Circa 10 anni fa, chiudo un’esperienza lavorativa da ufficio e busso alla porta di un amico, falegname da sempre. Lui fortunatamente -ma con non poche perplessità- mi apre. Eugenio, il mio maestro.

Le mani fanno quello che la testa gli dice: ritrovo una passione fortissima di costruzione infantile delle cose. Con il vantaggio dello studio approfondito che ha allenato la mia testa a ragionare -su cose totalmente diverse- ho fin dall’inizio notato che l’intuito e la creatività dalla testa passavano pian piano alle mani. Capisco, così, di aver fatto una scelta azzardata ma giusta.

2) cosa ispira i tuoi lavori, tu non sei solo un bravo artigiano sei un vero e proprio designer.

Quando inizio questo mestiere artigianale capisco che devo trovare un valore aggiunto al classico lavoro da vecchio falegname. Il valore aggiunto lo trovo negli studi di architettura, interrotti ma preziosi. La mattina vado a bottega a imparare, la sera studio, leggo, visito il web.

Mi faccio ispirare dal bello dell’architettura che ci circonda. Non è raro che guardi con attenzione le linee di un palazzo -antico o moderno- e ci veda uno schema per una libreria.

Le linee concrete del design scandinavo, architetti italiani come Carlo Scarpa e la sua passione per il Giappone, le linee dell’urbanistica, provo a trasformarle in mobili.

Gli incastri e le relazioni tra il legno ed altri materiali primari, come i metalli e il vetro, sono stati mio oggetto di approfondimento che propongo nei miei lavori.

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3) Quale è il lavoro che hai realizzato che è rimasto di più nel tuo cuore.

Ovviamente, se non proprio il primo, uno tra i primissimi. Una struttura composta da tre librerie con quadrati concentrici. Questo è il primo amore che non si scorda mai.

Poi sono molto legato ad una scrivania leggerissima che ancora oggi è di supporto a uno studioso: sapere che quello che fai rende migliore il lavoro di chi produce intelligenza, dà grande soddisfazione.

Una stanza da letto per tre bambini: nulla di particolarissimo nella progettazione, ma sapere che hai realizzato il giaciglio dove tre bimbi vanno a riposarsi dopo le loro intense giornate piene di scoperte è qualcosa che rende giustizia alle ore e ore di fatica passate a tagliare, incollare, incastrare.

Infine la culla e il fasciatoio delle mie due bimbe. Si capisce da se il perché (e mi è chiarissimo il perché sono gli unici due lavori che non ho mai pubblicato sul mio sito).

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4) Quali sono le difficoltà di questo mestiere

La fatica fisica, tanta e quotidiana. Spesso, anche tra amici, è difficile far capire cosa significhi far un lavoro che ti prova fisicamente. Poi, il lavoro su commissione: dover essere mese per mese in attesa che qualcuno ti cerchi e ti chieda un lavoro. Poi quella telefonata, fortunatamente, arriva sempre. Ma la precarietà è snervante. E non c’è nessuno a cui rivendicare un contratto a tempo indeterminato.

5) qual’è la tua filosofia nel lavoro (e nella vita?).

La bellezza. Il bello non è un fatto estetico. Le proporzioni sono formule perfette a cui i greci hanno dato il là. Quello che realizzo lo trovo bello solo quando è pulito e proporzionato in tutte le sue linee.

La filosofia dell’intuito: capire di cosa veramente ha bisogno chi chiede a te un lavoro. Capita spesso di chiedere ai clienti di raccontarmi come vivono la stanza o la casa. Solo così capisco che quello che vogliono non è solo un tavolo ma una cosa con la forma di un tavolo ma con altre funzioni.

Il rispetto: il rispetto dei tempi di produzione e di consegna. Il rispetto dei costi. Il rispetto verso il materiale che lavoro. Ogni legno ha le sue caratteristiche.

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6) che progetti hai per il futuro?

Lavoro in una bottega circondato da altri quattro falegnami, una “falegnama” e un restauratore, il laboratorio Misura x Misura a Montesacro, un quartiere a nord di Roma. Ognuno ha i suoi lavori e i suoi clienti, ma spesso si eseguono lavori insieme. Questa dinamica mi ha permesso di crescere tantissimo, rubando con gli occhi l’esperienza di colleghi con ormai 40 anni di lavoro alle spalle o con una conoscenza maniacale del restauro.

La mia proiezione sul futuro è però realizzare arredi miei e non su richiesta e proporli a negozi di arredamento e poi aprire uno spazio espositivo tutto mio.

Ottimo!! Io non vedo l’ora di vedere questi arredi e di visitare uno spazio che sarà certamente diverso da qualsiasi altro e ricco di emozioni, suggestioni e soluzioni.

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